sábado, 24 de marzo de 2012

SANT’ANNA ISPIRATRICE DI VITA RELIGIOSA NELLA CHIESA

Sant’Anna nel piano della salvezza. Come è noto i Vangeli circondano di silenzio le persone più vicine a Gesù per parentela. Dicono poco di Maria, pochissimo di Giuseppe, nulla dei Genitori della Madre di Dio. Quel poco che sappiamo ci viene principalmente dai Vangeli apocrifi.

Questa mancanza di notizie tuttavia non toglie nulla alla dignità delle loro persone, anzi ci permette di puntare meglio l'attenzione sulla essenzialità della loro missione in rapporto a Cristo Gesù. S. Anna e S. Gioacchino sono i genitori della Theotokos. Questo è tutto: ed è quanto basta per mettere in luce la loro grandezza. Di qui la spiegazione del culto che per secoli la Chiesa ha loro tributato.

Nei precedenti numeri del Bollettino «Virga Jesse» ci è stato detto ampiamente e con ricchezza di documentazione come il culto ai genitori di Maria, e soprattutto a S. Anna, si sia affermato in Oriente. In Occidente, sappiamo, è sorto più tardi. Una delle più antiche tracce si trova proprio in Roma, nella Chiesa di S. Maria Antiqua, che risale al sec. VIII.

 Le manifestazioni di questo culto, attraverso i secoli e nei diversi luoghi, sono ricche di profonde motivazioni che danno largo campo ad interessanti temi di riflessione.  S. Anna è cantata nella poesia, celebrata nella pittura e nella scultura. E non senza fondamento, se si pensa che nel seno di lei la natura umana si ripresentò, attraverso

Maria, nel primitivo splendore dell'Eden. Nel suo seno risuonò quel preludio profetico della imminente salvezza: «Esulta, figlia di Sion, rallegrati con tutto il cuore figlia di Gerusalemme: Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico... (Egli) ti rinnoverà con il suo amore».

 Si potrebbe affermare che S. Anna sintetizzi l'immagine biblica della terra riarsa su cui viene invocata la rugiada divina perché dia vita al seme (Maria) dalla quale germoglierà il Messia Salvatore, Gesù. L'immacolato concepimento di Maria è strettamente legato alla maternità irrepetibile di S. Anna. Tutto ciò che si dice di Maria Immacolata trova il suo esordio in S. Anna.

Molto espressive dal punto di vista teologico sono quelle immagini che la rappresentano unita a Maria ed a Gesù. Anna e Maria sono come gli ultimi anelli di una catena di generazioni israelitiche che si incentra in Cristo, culmine della storia e cuore della creazione, dal quale parte poi una nuova catena di anelli, quella della generazione del regno messianico che va verso il suo glorioso compimento.

Onorare S. Anna è onorare Maria ed è soprattutto onorare Cristo. A lei quindi sono stati dedicati Santuari, Parrocchie, Chiese. In suo nome sono sorte numerose opere caritative: Ospedali, Scuole, Ospizi, Associazioni, Confraternite, ecc.

 Paesi, popoli e categorie di persone hanno cercato la sua protezione. Degna di rilievo è, per esempio, la devozione dei minatori verso S. Anna, sviluppatasi in Germania al tempo di Lutero. Si dice infatti che, come i minatori portano alla luce i tesori che la terra rinserra nelle sue viscere, così S. Anna diede al mondo Maria, la gemma preziosissima del suo seno, destinata a divenire il tabernacolo di Dio.

 Non poteva mancare, a maggior ragione, che varie congregazioni religiose sorgessero in suo onore e si ponessero sotto la sua tutela, ispirandosi a quelle sue specifiche virtù che la resero fedele al disegno di Dio sull'umanità. Ci proponiamo quindi di far conoscere, per chi ne avesse interesse, queste famiglie religiose femminili che si ispirano a S. Anna.

Anna in Maria guida a Cristo. Sarebbe di primaria importanza rilevare le motivazioni che hanno indotto fondatori e fondatrici ad affidare la loro istituzione a S. Anna, ma le ricerche effettuate e i dati raccolti difficilmente le mettono in evidenza. Nell'insieme però ne emerge una che costituisce un comune denominatore: e cioè una particolare devozione a S. Anna perché madre di Maria. Da ciò il ricorso fiducioso a lei, vista non solo come potente protettrice, ma anche come esempio di carità verso Dio e verso il prossimo ed ancora  come modello di vita per coloro che sono chiamati a svolgere una missione educativa che si ispiri ai valori trascendenti e genuinamente umani. Vocazione che esige più profonda oblatività per chi una simile missione la rivolge a coloro che per determinate circostanze non hanno potuto o non possono usufruire di una cura materna in seno alla famiglia naturale.

 Questa è la motivazione teologica ed apostolica più facilmente recepibile nella spiritualità dei vari istituti che si affidano a S. Anna. In realtà implicitamente ce n'è una più profonda che avvicina le persone consacrate alla Madre di Maria. Ella è colei che nella fede si rese disponibile all'azione fecondatrice di Dio.

 Rispondendo liberamente alla chiamata divina, la religiosa in forza della sua consacrazione si pone dinanzi a Dio in atteggiamento di umile disponibilità. Come S. Anna la consacrata vive ed affronta la quotidianità della vita con le luci e le ombre che essa comporta per ogni creatura umana, nella piena consapevolezza che Dio non viene meno alle sue promesse, e perciò da lui si lascia condurre, come una goccia d'acqua nel gran fiume dell'umanità, verso il mare sconfinato del suo eterno amore.

 Da S. Anna la religiosa impara come pregare, attendere e sperare anche in mezzo alla prova: nell'oscurità, nel sacrificio silenzioso, nel nascondimento; come amare e donarsi.  Il compito della religiosa «si ricollega a S. Anna e profetizza al mondo la strada di S. Anna che consiste nel condurre gli uomini verso Maria, la quale può ripetere nella tenebrosa giornata odierna il prodigio natalizio, facendo nascere Gesù nel freddo della crudeltà, nella solitudine dell'amore, nella stalla delle passioni, nel presepe della dignità umana decaduta e vuota».

   Ecco come S. Anna è ispiratrice di vita religiosa nella Chiesa. Questa motivazione, almeno per noi «Figlie di S. Anna», eredi del carisma donato da Dio alla Chiesa per mezzo di Rosa Gattorno e di P. G. Battista Tornatore, è esplicita e determinante. Conoscendo più da vicino il nostro carisma ci sia permesso di dire qualche cosa di più in merito, per una maggiore chiarificazione.

Per noi il riferimento a S. Anna costituisce il fondamento teologico della nostra spiritualità. E’ sufficiente leggere qualche passo della prima Regola (1869), a cui attingono ampiamente i Documenti di Base, o leggere gli stessi articoli introduttivi delle odierne Costituzioni, per rendersene immediatamente edotti. Dice la Regola del 1869:

«Mia Figlia, hai da sapere, che lo Spirito Santo fece in me una delle opere più belle della sua divina grazia: in me ebbero come compimento tutte le giustizie e tutta la santità della legge antica; in me si riposarono i gemiti, i sospiri, le lacrime e le preghiere di tutti i giusti dell'antico testamento, perché da me come da fecondissima radice di Jesse, germogliarono la mia figlia Maria immacolata, e Gesù Cristo suo figliuolo e figliuolo di Dio, fonte della nuova legge d'amore»

   Nei Documenti di Base, inoltre, si legge: «Nella grande Koinonia della Chiesa sorge l'Istituto delle Figlie di S. Anna come un'estensione della famiglia della Madonna...». «i1 carattere familiare dell'Istituto non è un semplice aggettivo, ma una caratteristica sostanziale qualificante...».

Questo dice che le Figlie di S. Anna, inserite nella famiglia della S. Madre, assimilano la spiritualità dei Poveri di Jahvé, che è quella del Magnificat e delle Beatitudini. Come Maria, umile serva del Signore, esse vivono la loro consacrazione identificandosi con Cristo, il povero per eccellenza.

   Si tratta di una spiritualità di avvento e di una spiritualità di attesa eminentemente materna.  S. Anna e Maria, sua figlia dilettissima, come Gioacchino e gli altri poveri del piccolo «resto di Israele», attesero l'avverarsi delle promesse messianiche nella piena fiducia in Dio e nella invocazione incessante del «Maranatha!». Più personalmente inoltre Anna e Maria, sebbene in maniera del tutto diversa l'una dall'altra, attesero lo sbocciare di una vita che in modo prodigioso maturava nel loro seno.

Le FSA in semplicità di cuore ed umiltà si aprono alla trascendenza del regno di Dio, in attesa del ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi. Il fatto di avere a modello due madri, così eccelse per ricchezza di doni soprannaturali, e di avere una fondatrice che Dio nei suoi imprevedibili disegni volle sperimentasse la maternità naturale prima ancora di quella spirituale, dà un'impronta decisamente materna al loro servizio apostolico caritativo. Esse in forza di tali esempi lavorano nella Chiesa e con la Chiesa per rigenerare e modellare Cristo nel cuore degli uomini; per salvare e custodire la vita in ogni sua fase e in ogni situazione di pericolo, cercando di instaurare nella grande loro famiglia religiosa, nelle comunità e negli ambienti di lavoro un clima di caldo focolare domestico. quale fu quello della S. Madre.

 Questo è il patrimonio spirituale delle FSA e questo è il loro programma di vita. di cui lodano e ringraziano il Signore pregandolo di renderle sempre più consapevoli e responsabili della vocazione ricevuta. In prolungamento alla missione di Maria e di Anna esse intendono essere segno dei lineamenti materni di Dio ai fratelli, annunziando loro con la parola e con la vita che «Dio è misericordia. Forte e grande è il suo amore per gli uomini».  Certamente non meno fluente di linfa vitale è il carisma delle altre congregazioni che si affidano a S. Anna, delle quali vorremmo sapere di più.

Ci sarebbe da osservare che anche le congregazioni che vanno sotto il nome di Suore, Ancelle, Figli o Figlie dell'Immacolata  (e sono moltissime), in un certo modo sono legate a S. Anna. Della nostra Congregazione per esempio sappiamo che inizialmente la Fondatrice volle affidarla all'Immacolata con il nome di «Figlie di M. Immacolata e Minime di S. Francesco d'Assisi». Poco dopo la Vergine stessa, in maniera mistica, le fece comprendere che reputava fatto a sé tutto quello che si faceva per la Madre sua e che. quindi, gradiva che anche la Congregazione fosse a lei dedicata.

Questa nostra ricerca tuttavia si limita alle Congregazioni che direttamente sono sotto il titolo di S. Anna. I1 quadro purtroppo non è completo. Molti Istituti, infatti, essendo di Diritto Diocesano, sono conosciuti soltanto nelle zone dove operano, di conseguenza è difficile trovarli inseriti nei trattati generali o in qualche documentario. Anche il numero delle religiose e delle loro case, per ogni Istituto, rimane approssimativo, essendo soggetto, com'è ovvio, a continue oscillazioni. Tuttavia è facile che si sbagli più per difetto che per eccesso, e cioè che le famiglie religiose che presentiamo siano inferiori di numero a quelle esistenti.

 La ricerca effettuata ci mette di fronte a sei Congregazioni di Diritto Pontificio e dieci di Diritto Diocesano. Come si rileva, cinque di esse portano il nome di «Figlie di S. Anna» delle quali una è stata fondata in Italia ed è la nostra; due in India, una in Cina ed un'altra in Francia.    Una Congregazione è nata sotto il titolo di «Società di S. Anna» (in Svizzera), un'altra sotto quello di «Suore della Carità di S. Anna» (in Spagna); due si chiamano «Suore catechiste di S. Anna» (sorte in India e in Brasile). Le rimanenti, cioè altre sette, sono tutte denominate «Suore di S. Anna».

   Di fronte ad una così bella fioritura di famiglie religiose che onorano la madre di Maria Immacolata; di fronte a tanta ricchezza spirituale che scaturisce dal contatto con lei, il cui nome in ebraico suona proprio «grazia» nascono impellenti due esigenze: una di lodare, benedire e ringraziare Dio «mirabile nei suoi Santi! - come ci fa cantare la Chiesa - Essi hanno camminato alla presenza del Signore! Hanno trovato nel Signore la loro gioia: i suoi comandamenti hanno sempre amato».

 L'altra esigenza è di poter realizzare un rapporto di conoscenza e di amicizia fra di noi Congregazioni Religiose che ci gloriamo del vessillo di Jesse. Ciò in vista di un maggiore arricchimento spirituale reciproco e di una più intensa comunione e collaborazione fraterna nella vita apostolica della Chiesa. (continua)

Congregazioni religiose che si ispirano a S. Anna  (in ordine di fondazione)

 1) Anno 1709 – Suore di S. Anna e de la Provvidenza di Saumur (Francia) oggi «Ancelle dei Poveri».

  2) Anno 1804 – Suore della Carità di Sant'Anna  (Spagna).

  3) Anno 1829 – Figlie di S. Anna di Feugarolles  (Francia).

  4) Anno 1834 – Suore di S. Anna di Torino (Italia).

  5) Anno 1850 – Suore di S. Anna di Lachine  (Qué - Canada).

  6) Anno 1859 – Suore di S. Anna di Bangalore  (India).

  7) Anno 1863 – Suore di S. Anna di Madras  (India).

  8) Anno 1866 – Figlie di S. Anna di Piacenza  (Italia).

  9) Anno 1877 - Suore Anna di Tiruchira  (India).

10) Anno 1882 - Suore di Anna di Guntur  (India).

11) Anno 1897 - Figlie di S Anna di Ranchi  (India).

12) Anno 1897 - Figlie di S. Anna di Kiangsi  (Cina).

13) Anno 1903 - Figlie di S. Anna di Calcutta (India).

14) Anno 1909 - Società di S. Anna di Lucerna (Svizzera).

15) Anno 1914 - Suore Catechiste di S. Anna di Warangal  (India).

16) Anno 1956 - Suore Catechiste di S. Anna del Brasile.

 

lunes, 4 de julio de 2011

SANT'ANNA NEL MONDO

IN BRETAGNA:   Il Santuario di S. Anna d'Auray  


di Sr. A. Natalina Sotgia


 "S. Anna d'Auray è il luogo sacro della Bretagna: la Cappella dei grandi miracoli; il santo Pellegrinaggio che esercita su tutti i Bretoni un'irresistibile forza d'attrazione" (Jules Janin) ."S. Anna in Bretagna è regina" (J. Buleon) .


"Dopo il seno della Vergine, santuario vivente del Dio fatto uomo, niente è più grande, più venerabile, più celestiale del seno della Beata Anna, santuario vivente dell'Immacolata" (Mons. de Segur) .


Le origini:  Keranna: umile, sconosciuto villaggio del territorio di Pluneret, presso Auray, Diocesi di Vannes, in Bretagna. Qui fioriva, fin dal VII secolo la devozione a S. Anna e vi si trovava una Cappella a lei dedicata, l'unica, sembra, in tutta la Gallia, se si eccettua quella di Gloriac, che fonti capetingie collocano alle porte di Rouen.


Di quella Cappella nel XVII secolo non restava più traccia e solo il nome di Keranna (Ker Anna) restava a testimoniare il passato, sebbene non si fosse estinta la devozione popolare alla Madre di Maria.


"Io sono Anna, la Madre di Maria": Umile e tacito fu l'inizio della vicenda, come quello di tutte le opere di Dio, e umile e ignoto fu lo strumento umano prescelto: Yves Nicolazic, analfabeta, capace di esprimersi unicamente nel dialetto bretone, ma dotato di così rara istintiva saggezza e di così sano buon senso che non solo nei casi difficili i vicini si rivolgevano a lui per consiglio, ma anche nelle liti il suo giudizio era richiesto e volentieri accettato da ambo le parti.


Nel 1623 aveva trentadue anni; sposato da dodici, non aveva avuto figli; con la moglie, Guillemette Le Roux, coltivava un terreno di proprietà di certo Signor Kelloguen.


Uomo di buone maniere, di solida onestà e di fervida fede, frequentava regolar-mente la Parrocchia e si comunicava ogni domenica; amava teneramente Maria Santissima, e lo si vedeva spesso, nel suo andare e tornare, con il rosario in mano; ma coltivava anche, fin dall'infanzia, una particolare devozione a S. Anna che chiamava abitualmente "la mia buona Protettrice". Era insomma, e tale era considerato, degno di stima, ma non al punto da supporre in lui la personalità di un "santo in fieri".


Una notte, mentre, come era sua abitudine egli recitava il rosario che definiva "il mezzo per intrattenermi in buoni pensieri nelle ore d'insonnia", vide improvvisa-mente la sua camera inondata da una luce che emanava da un cero o fiaccola accesa, retta da una mano che appariva isolata, come a sé stante. La luce durò quanto il tempo necessario per la recita di un Pater e di un'Ave e poi silenziosamente scomparve. Il buon senso contadino di Nicolazic, i nervi temprati dal duro lavoro dei campi, ma forse, più di tutto, la sensibilità religiosa affinata dalla consuetudine della preghiera, aiutano l'uomo a superare tacitamente l'emozione; tace, quindi, ma riflette, prega, intuendo forse un seguito di questa vicenda.


Dopo sei settimane, infatti, mentre si trova al consueto lavoro in un campo chiamato del Bocenno, rivede improvvisamente il cero, acceso e sollevato da terra, ma senza, questa volta, il supporto della mano. E tace ancora, sebbene ancora per diverse volte gli accada di vedere davanti a sé la fiaccola splendente.


Ma una sera    è l'estate del 1623 mentre, nel campo di Bocenno si trova presso la fonte dove ha condotto i buoi ad abbeverarsi ed è con lui il cognato Louis Le Roux, la visione luminosa prende forma nella maestosa figura di una Signora biancovestita, che porta in mano la fiaccola accesa. Tutto si svolge nel massimo silenzio: attoniti e commossi, i due uomini tacciono anche fra di loro.


Da quella sera la Signora si mostra spesso a Nicolazic; ora in casa, ora nel fienile, finché la sera del 25 luglio 1624, mentre egli torna dall'essersi confessato presso i Cappuccini d'Auray, si sente chiamare per nome e scorge la misteriosa figura che lo precede finché, prima di arrivare alla fattoria, scompare.


Questa volta ha sentito la voce! Ha sentito il proprio nome! Sconvolto, incapace di sedersi a tavola per la cena, si rifugia nel fienile e prega, con in mano il rosario. E il fienile è a un tratto inondato di luce e la Signora appare avvolta da uno splendido alone.


"Yves Nicolazic, non temere: io sono Anna, la Madre di Maria. Devi dire al tuo Rettore che nel territorio chiamato Bocenno, nel passato, quando ancora non vi era il villaggio di (Keranna) ci fu una Cappella dedicata al mio nome. Era la prima di tutto il paese. E caduta in rovina da novecentoventiquattro anni e sei mesi. Io desidero che sia ricostruita al più presto e che tu ne prenda cura. Dio vuole che io vi sia onorata".


E notte fonda; Nicolazic fremente di emozione ripete a lungo a se stesso le parole della Signora, deciso ad obbedire in tutto alla sua "buona Protettrice"


Al mattino, però, l'impegno gli appare irto di difficoltà e si sente sgomento. Gli riappare Anna: "Non temere e non angustiarti, Nicolazic; manifesta al tuo Rettore in confessione, ciò che hai visto e udito; non tardare ad obbedirmi. Parlane anche a qualche altro uomo dabbene per consigliarti su ciò che dovrai fare".


Rinfrancato, Nicolazic s'incammina verso la Parrocchia. Ma lungo la via risorgono i dubbi. Conosce bene il Rettore: Don Silvestro Roduez è pio, austero, ma rude, affatto disposto a prendere sul serio i racconti di misteriose apparizioni. E Nicolazic non s'inganna: sebbene il sacerdote abbia molta stima del suo devoto parrocchiano, accoglie in modo beffardo il suo racconto e gli intima severamente di non parlare ad alcuno di queste "stranezze".


Ma la notte seguente S. Anna riappare al suo scoraggiato messaggero e lo esorta: "Non preoccuparti di ciò che diranno gli uomini; fa' ciò che ti ho detto e conta su di me per il resto".


E Nicolazic torna dal Rettore: ma riesce soltanto ad irritarlo di più, mentre anche il Vicario, Don Le Tominec, si mostra incredulo. Trova fiducia soltanto nel cognato Le Roux, già testimone di un'apparizione, in un vicino di casa, certo Lezulit, in un sacerdote, Don Yves Richard, e nel Signor De Kermadio; tutti questi lo confortano, assicurando il loro appoggio.


E soprattutto lo incoraggia S. Anna con una nuova apparizione: "Consolati, Nicolazic, verrà presto l'ora in cui si avvererà ciò che ti ho detto; non affliggerti: io ti farò avere quanto è necessario per cominciare l'opera, e nulla mai ti mancherà per portarla a termine. Ti assicuro che se Dio sarà servito fedelmente ti fornirà con abbondanza il necessario non solo per portarla a termine ma anche per fare altre cose che faranno stupire tutto il mondo. Non temere, comincia al più presto".


 "Dio vuole che io sia onorata in questo luogo": Sono passati alcuni mesi da quella vigilia del 26 luglio 1624, data della prima apparizione di S. Anna. Il lunedì, 3 marzo 1625, un'ora dopo il tramonto, S. Anna appare a Nicolazic nel campo del Bocenno e lo esorta ad agire. Basta con gli indugi! Ma il poveretto esita ancora, e ad una nuova apparizione supplica la Santa: "Fate qualche miracolo, mia buona Protettrice, affinché tutti si convincano che siete voi che volete la Cappella".


"Va', - risponde S. Anna - abbi fiducia in Dio e in me. Di miracoli ne vedrai presto in abbondanza, e il concorso di popolo che verrà ad onorarmi in questo luogo sarà il più grande di tutti i miracoli".


  Cala la notte: solo nella sua camera, Nicolazic recita il rosario, invaso da un senso struggente di attesa, sospeso tra il desiderio e il timore. Ed ecco che la camera è invasa dalla luce mentre la solita fiaccola splende alta sul tavolo priva di ogni supporto. E subito appare anche la Santa che gli dice: "Yves Nicolazic, chiama i tuoi vicini e conducili con te là dove vi precederà questa luce; troverete un'immagine che dimostrerà al mondo che quanto ti ho detto è vero".


S. Anna scompare, ma la luce resta, più vivida che mai: a questa luce Nicolazic si riveste e quando è pronto vede la fiaccola muoversi davanti a lui. Ma la Santa gli ha detto di chiamare i vicini! Chiama il cognato Le Roux, che è ancora sveglio, e poi alcuni vicini: Jacques Lucas, Franwois Le Bleavec, Jean Tanguy, Juliel Lezulit: "Andiamo, amici miei, dove Dio e la Signora ci conducono!".


La fiaccola si muove davanti ad essi; alla distanza di circa quindici passi ed alta tre piedi da terra, prende la via che dal villaggio conduce alla fontana.


Giunta ai confini del Bocenno esce dalla strada e si inoltra nel campo; al di sopra del grano ancora in erba si dirige ad un determinato punto sul quale si ferma. I contadini stupefatti la vedono "elevarsi e ridiscendere per tre volte, come per attirare la loro attenzione su quel punto e poi sparire come sprofondata nel terreno". 


Nicolazic si precipita a segnare col piede il punto indicato dalla luce e invita il cognato a scavare in quel punto con la zappa di cui, uscendo di casa, si è munito. Dopo non più di sei colpi si avverte il rumore caratteristico del ferro che batte su un oggetto di legno. E buio: uno dei presenti corre a prendere dalla casa più vicina il cero benedetto della Candelora e un tizzone per accenderlo; alla sua luce, nel piccolo fosso scavato dalla zappa, si scorge qualcosa di scuro; e come si affrettano a sollevarlo appare una vecchia statua di legno, corrosa e sfigurata dal tempo e dalla umidità, ma pienamente riconoscibile dai dati essenziali: S. Anna!


Nessuno parla ma quasi tutti piangono; con delicato rispetto sollevano la statua per appoggiarla a un muretto vicino.


"...e non preoccuparti di ciò che diranno gli uomini...": Ora Nicolazic non dubita più: convincerà il Rettore. E accompagnato dall'amico Lezulit, testimone del ritrovamento, la mattina seguente si avvia al presbiterio.


Ma Monsignor Roduez è meno che mai disposto a credere, e non esita a chiamare il veggente ipocrita e impostore.


Afflitti ma non scoraggiati i due amici vanno ad informare del ritrovamento il Signor Kerloguen, proprietario del terreno, il quale, più malleabile del Rettore, assicura che metterà a disposizione per la costruzione della Cappella, il luogo del ritrovamento.


Vengono poi informati i Cappuccini di Auray i quali, però, come il Rettore, non si mostrano convinti. Tornando indietro Nicolazic e Lezulit, ripassano dal Bocenno e scoprono che la notizia si è già diffusa ed ha attirato sul luogo buon numero di persone; vi è tra gli altri quel Don Yves Richard già informato delle precedenti apparizioni, e due Cappuccini che vi si sono trovati per caso.


Il giorno dopo un avvenimento sconcertante potrebbe far credere che anche il Cielo è contro il povero Nicolazic: all'improvviso, senza causa apparente, gli si incendia il fienile e i soliti curiosi accorsi, più che prodigarsi a spegnere il fuoco, si ingolfano in discordanti interpretazioni del fatto: nuovo miracolo per alcuni, punizione celeste per altri. Ma prevale la tesi del miracolo quando si nota che le fiamme, pur avendo consumato le pietre di una parte del muro perimetrale, hanno lasciato intatti due mucchi di grano che non solo si trovavano vicinissimi al fuoco, ma collocati proprio nella direzione verso la quale spirava il vento. E una intuizione conforta Nicolazic: gli torna alla mente di aver sentito dire da bambino che suo padre, per costruire il fienile, aveva utilizzato del pietrame facente parte di un'antica costruzione in rovina.


Che si fosse trattato dei resti dell'antica Cappella dedicata a S. Anna? Che la Santa abbia ora voluto sottrarre ad uso profano ciò che un tempo era stato consacrato alla sua venerazione? Per Nicolazic è un nuovo motivo di fiducia e di speranza.


Ma la fama delle folle che sempre più numerose si recano a vedere la statua ritrovata arriva a Pluneret, sede dell'incredulo Rettore. Il quale, in preda ad ira violenta, manda sul posto il suo Vicario, disposto non meno del suo Superiore a porre fine a quella che considera una commedia superstiziosa. Piomba quindi diritto sulla statua che era stata collocata in posizione più elevata, e la ributta nel fosso dal quale era stata tratta; rovescia poi lo sgabello sul quale è posato un piatto di stagno, destinato a raccogliere le offerte per la futura Cappella e manda anche questo per aria. E con aspri rimproveri a tutti, particolarmente a Nicolazic, che considera il principale responsabile del "disordine" si allontana pronunziando minacce. Ma il giorno seguente il numero dei pellegrini è raddoppiato...


"...verrà l'ora in cui si avvererà ciò che ti ho detto...": Si rende ormai necessario l'intervento dell'autorità episcopale. Il Vescovo che ha sede a Vannes, fa chiamare Nicolazic e lo interroga severamente; Nicolazic risponde servendosi, come interprete, del fratello Pietro, poiché egli non parla e non capisce che il dialetto locale. Sono presenti alcuni Padri Cappuccini.


Il veggente racconta con la massima semplicità ciò che ha visto e sentito fin dalla prima apparizione della luce e poi della Santa, ma il Prelato, non del tutto convinto, ordina ai Cappuccini di trattenere presso di loro per qualche giorno Nicolazic  e di interrogarlo ancora più minuziosamente.


Ascoltato singolarmente da ciascuno dei Padri, egli viene rimandato a casa con dine di ripresentarsi dopo quindici gi Nicolazic puntuale ritorna e risponde stesse domande con la stessa umile semplicità, senza lasciarsi impressionare dagli argomenti negativi che gli vengono opposti. Convinti ormai della sua buona fede, i Padri si sentono in dovere di comunicare al Vescovo il loro giudizio positivo. Il Prelato chiede ora ai Cappuccini un sopralluogo sul terreno del ritrovamento ed una nuova relazione. Ma a sgombrare i prudenti dubbi degli uomini interviene la Provvidenza: tre settimane dopo la scoperta della statua il Rettore Don Silvestro è colpito da paralisi; alle braccia, soprattutto, è colto da dolori insopportabili e non vi è rimedio capace di dargli qualche sollievo. Un amico gli consiglia di ricorrere a S. Anna; non convinto, ma costretto dalla sofferenza, il malato, di notte e per vie poco frequentate, perché nessuno lo veda, si fa trasportare al Bocenno per nove volte consecutive; alla nona, preso da un impulso improvviso, chiede che lo gettino nella fontana; una volta nell'acqua si sente del tutto guarito e non esita a gettarsi in ginocchio davanti alla statua. S. Anna ha mantenuto la sua promessa e Don Silvestro è guarito non solo fisicamente: trasformato ormai intimamente nel più convinto sostenitore della causa, si adopera perché non si tardi più a costruire la Cappella e non tralascia di compiere un pubblico gesto riparatore nei riguardi di Nicolazic al quale non solo torna ad essere amico e protettore, ma due anni più tardi, quando il Veggente avrà finalmente la gioia di divenire padre, reclamerà l'onore di essere padrino del neonato; dopo il quale S. Anna manderà un secondo figlio al suo fedele messaggero.


Sul luogo del ritrovamento fioriscono intanto i prodigi. "Tutti i tesori del cielo sono nelle mie mani", aveva detto S. Anna. E ne dà prova: guarigioni subitanee, conversioni, soluzione di problemi ritenuti inestricabilì, prodigiosi salvataggi da spaventosi naufragi. E, delicato particolare, le grazie più frequenti e numerose, sono a favore dei bambini; segno della tenerezza di una Santa che è mamma e nonna.


Tali avvenimenti influiscono definitivamente sulla volontà del Vescovo che finalmente dà il permesso che si dia inizio alla costruzione della Cappella richiesta da S. Anna.


 "Desidero che la Cappella sia ricostruita": S. Anna aveva affidato a Nicolazic una duplice missione: comunicare il suo messaggio, e fare in modo che sul luogo dell'antica Cappella ne fosse costruita una nuova, aggiungendo: "Sei tu che devi prenderne cura".


E Nicolazic sarà effettivamente il tesoriere dell'impresa e, almeno per un primo periodo, il direttore dei lavori. Si occupa attivamente della raccolta delle offerte e poiché la sogna "grande come una cattedrale" segue attentamente i progetti dell'architetto insistendo perché l'edificio sia quanto più grande è possibile. E con intuito geniale crea una specie di catena di servizio promuovendo, con turni ben congegnati, la prestazione gratuita dei fedeli delle Parrocchie limitrofe a ciascuno dei quali assegna il ruolo e provvede il nutrimento nel tempo in cui presta servizio. Sorge così prima e meglio dell'edificio di pietra del quale si cominciano a scorgere le linee essenziali, per tutta la Bretagna, un nuovo e più prezioso edificio fatto di amore, devozione e fraternità; i Bretoni accorrono sempre più da lontano e cominciano ad acclamare S. Anna loro signora e regina con una venerazione che cresce di giorno in giorno.


Quando la costruzione è a buon punto il Vescovo stima necessario trovare una comunità permanente che se ne prenda cura; e chiama i Carmelitani, che arrivano a Keranna 1'8 febbraio 1628. Nicolazic, sempre umile e sottomesso, rimane a loro disposizione per quanto può essere utile per il compimento dei lavori.


Quando poi si rende conto che la sua presenza a Keranna non è più necessaria si ritira nella sua casa e riprende la sua vita laboriosa nei campi, impegnandosi anche seriamente per l'educazione dei suoi giovani figli, il maggiore dei quali diventerà sacerdote.


Ma a Keranna gli è riservata una camera nel monastero che sorge accanto alla Cappella, e Nicolazic, che vi ritorna spesso, esulta ogni volta constatando come le promesse della sua "buona protettrice" si realizzino al di là di ogni speranza: "Il concorso di popolo che verrà ad onorarmi in questo luogo sarà il più grande di tutti i miracoli".


Ma a poco più di cinquanta anni Nicolazic si ammala gravemente; i Carmelitani lo fanno trasportare nella loro infermeria. E quando le cure risultano inutili e i medici dicono imminente il pericolo, al malato viene amministrato il Viatico che egli riceve con vero trasporto di gioia, restando a lungo con un'espressione estatica sul volto e lo sguardo fisso in un punto.


"Cosa guardi così?" gli chiede a un tratto il confessore. "Vedo la S. Vergine e S. Anna, la mia buona protettrice", risponde semplicemente Nicolazic. L'accorto religioso, volendo allora che dell'arcana avventura del morente resti una testimonianza ed un messaggio, gli presenta una immagine di S. Anna e gli domanda:


"E vero che la statua di S. Anna tu l'hai trovata miracolosamente?" "Si, risponde il morente senza esitare". "E ti fidi sempre di S. Anna? Sei felice di morire ai suoi piedi?" "Si, io confido in S. Anna, bacio la sua immagine; S. Anna, mia buona Protettrice, accompagnatemi voi fino a Dio". "Ebbene, è arrivata l'ora; bacia la santa immagine".


Nicolazic la bacia con rispettosa tenerezza, e spira poco dopo alla presenza di tutta la comunità edificata e commossa. E il 13 maggio 1645.


Come si è visto, ogni evento che si svolge ad Auray è caratterizzato dalla presenza di due elementi: luce ed acqua. Di sola luce è fatta la prima apparizione: la luce che emana da una fiaccola accesa inonda la camera di Nicolazic. E, vestita di luce, "rivolta verso la fontana, con in mano una fiaccola accesa" gli appare la prima volta S. Anna. E ogni volta che apparirà sarà avvolta da un alone splendente che illumina ogni cosa attorno.


Una luce illumina la via che conduce al ritrovamento della stata' e l'antica statua dimenticata rimase per secoli e secoli accanto ad una fonte d'acqua viva.


Luce, acqua: elementi naturali determinanti per la vita dell'uomo; segni sacra-mentali che lo introducono nella vita della Grazia. Nel nome di S. Anna, Madre di Maria, Madre a sua volta di Colui che si è proclamato "luce del mondo", la fontana d'Auray dispensa acqua prodigiosa ai malati del corpo e la luce issata sulla sommità  del Tempio eretto in suo onore è invito, richiamo, segno di speranza inestinguibile sul cammino degli uomini.


Limpida come acqua pura, serena come placida lampada fu la vita di Nicolazic, pur nel travaglio della sua missione di "messaggero di S. Anna". Gloriosa, ma travagliata e drammatica fu la storia del Santuario a Lei dedicato. Ma né furia di increduli né superbia di potenti poté averne ragione. Ed è una storia bella da raccontare.

Nota: Tutte le notizie fin qui riportate sono state ricavate dalla Rivista Sainte Anne d'Auray" del febbraio 1974, redatte da A. MORIO, Rettore della Basilica omonima, e da A. GAUTIER. 

martes, 23 de noviembre de 2010

Santa Ana y san Joaquin

Según la tradición, en Nazaret vivían Joaquín y Ana, una pareja rica y piadosa pero que no tenía hijos. Cuando en una fiesta Joaquín se presentó para ofrecer sacrificio en el Templo, fue rechazado por un tal Rubén, bajo el pretexto de que hombres sin descendencia no eran dignos de ser admitidos. Joaquín, cargado de pena, no volvió a su casa sino que se fue a las montañas a presentarse ante Dios en soledad. También Ana, habiendo conocido la razón de la prolongada ausencia de su esposo, clamó al Señor pidiéndole que retirase de ella la maldición de la esterilidad y prometiéndole dedicar su descendencia a Su servicio.
Un ángel visita a Santa Ana: Sus oraciones fueron escuchadas; un ángel visitó a Ana y le dijo: "Ana, el Señor ha mirado tus lágrimas; concebirás y darás a luz y el fruto de tu vientre será bendecido por todo el mundo". El ángel hizo la misma promesa a Joaquín, quién volvió a donde su esposa. Ana dio a luz una hija a quien llamó Miriam (María).
Nacimiento de la Santísima Virgen María: Según una tradición antigua, los padres de la Santísima Virgen, siendo Galileos, se mudaron a Jerusalén. Allí, según la misma tradición, nació y se crió la Virgen Santísima. Allí también murieron estos venerables santos. Una iglesia, conocida en diferentes épocas como Santa María, Santa María ubi nata est, Santa María en Probatica, Santa Probatica y Santa Ana, fue construida en el siglo IV, posiblemente por Santa Elena (madre del emperador Constantino), sobre el lugar de la casa de San Joaquín y Ana. Sus tumbas fueron honradas hasta el final del siglo IX, cuando los invasores musulmanes la convirtieron en una escuela. La cripta, que originalmente contenía las santas tumbas, fue descubierta el 18 de marzo de 1889.
Es una madre formadora: Santa Ana, después de regalar a la Niña su ternura materna, que la hacen solícita con la alimentación, la educación y la vida espiritual de su pequeña, a los tres años se desprende de ella y junto con su esposo Joaquín, la presentan al templo para consagrarla al servicio de Dios, hasta el tiempo que sea prometida en matrimonio a San José.
Se transforma en abuela de Jesús: Al ser escogida la Virgen para ser la Madre del Salvador, Santa Ana y San Joaquín se convierten en abuelos de Jesús y desde el momento en que El en la cruz nos entrega a María como Madre, se tornan también abuelitos de la humanidad.
Veneración a Santa Ana: Es así que su descendencia se prolonga en cada hombre y mujer que busca y lucha para seguir las enseñanzas de los Padres de la fe, porque la bendición divina sobre ellos, reposa también sobre nosotros. En la Iglesia del Oriente ya se veneraba a Santa Ana en el siglo IV. La mejor prueba de ello es que el emperador Justino I (+565) le dedicó una iglesia. La devoción a Santa Ana se encuentra en los más antiguos documentos litúrgicos de la Iglesia griega. En el Occidente no se venera a Santa Ana, excepto quizás en el sur de Francia, hasta el siglo XIII. Su imagen, pintada en el siglo VIII en estilo Bizantino, fue más tarde encontrada en la iglesia de Santa María Antigua en Roma. Su fiesta, bajo la influencia de la "Leyenda Dorada", aparece en el siglo XIII donde se celebraba el 26 Julio.
En 1382, Urbano VI publicó el primer decreto pontificio referente a Santa Ana, concediendo la celebración de la fiesta de la santa a los obispos de Inglaterra exclusivamente, tal como se lo habían pedido algunos ingleses. La fiesta fue extendida a toda la Iglesia de Occidente en 1584.
Hoy en día, la Iglesia celebra su fiesta, junto con su esposo Joaquín, el 26 de julio y la invoca como particular intercesora de: Parejas sin hijos, Madres que van a dar a luz, Padres con hijos elegidos por el Señor como sacerdotes, religiosas, laicos consagrados, Familias que buscan crecer en unidad, como personas maduras en el amor.

lunes, 1 de noviembre de 2010

Oración a San Joaquín y Santa Ana


Insigne y glorioso patriarca San Joaquín y bondadosísima Santa Ana, ¡cuánto es mi gozo al considerar que fueron escogidos entre todos los santos de Dios para dar cumplimiento divino y enriquecer al mundo con la gran Madre de Dios, María Santísima! Por tan singular privilegio, han llegado a tener la mayor influencia sobre ambos, Madre e Hijo, para conseguirnos las gracias que más necesitamos.
Con gran confianza recurro a su protección poderosa y les encomiendo todas mis necesidades espirituales y materiales y las de mi familia. Especialmente la gracia particular que confío a su solicitud y vivamente deseo obtener por su intercesión.
Como ustedes fueron ejemplo perfecto de vida interior, obténgame el don de la más sincera oración. Que yo nunca ponga mi corazón en los bienes pasajeros de esta vida.
Denme vivo y constante amor a Jesús y a María. Obténganme también una devoción sincera y obediencia a la Santa Iglesia y al Papa que la gobierna para que yo viva y muera con fe, esperanza y perfecta caridad.
Que yo siempre invoque los santos Nombres de Jesús y de María, y así me salve.

viernes, 29 de octubre de 2010

Una Carta de Madre Rosa

A  SOR  A.  ADELAIDE  ÈZZONI

Plasencia, 26 de julio de 1872

A.M.F. (Ana, María y Francisco)
La bendición del Eterno Padre sea con nosotros.
Sea bendita nuestra Madre Santa Ana, Madre de la Inmaculada

Heme aquí toda para ti, hoy, día de la Santa Madre; la hora del silencio la dedico toda a mi hija. Sola en esta “cameretta” quiero realmente poner sobre este papel algunas cositas que me dicta mi silencio perfecto.
Escucha querida hija mía que dice el corazón de Dios, nuestro todo: “Quien de mi se alimentará, tendrá segura la vida eterna”2 ¿Entonces? ¡Ah! ¡Si pudiésemos alimentarnos todos los momentos, todos los minutos segundos, que felicidad no sería para nosotros no tener que alimentarnos sino de este Santísimo Pan! Si no podemos tenerlo corporalmente, procuremos recibirlo espiritualmente. Hagámonos vivo propósito en la mañana, diciendo al querido Jesús: yo quiero hoy recibirte siempre y mi pensamiento lo tendré siempre ocupado a hacer comuniones espirituales. Poco a poco sucede que nos acostumbramos. Aún hablando invoquemos el dulce nombre de nuestro dilecto Jesús; con un acto de amor le decimos: “¡Ven, oh Esposo mío, ven, este corazón te quiere, ya no puede estar sin Ti, Ven!”
¡Hija, al pensar que en la mañana cuando se nos da es un hermoso y pequeño parvulito, con aquellos sus miembros delicados! ¡Él va a sentarse, a recostarse en nuestro corazón; y nosotros de qué manera debemos tenerlo para no hacerle daño; mirar que no tenga que sufrir mucho! Había una criatura que cuando lo tenía, lo sentía y así, convencida que era su Bien que en aquel cuartito caminaba,  todo el día vivía atenta de no golpearlo y hacerle mal. Respetuosamente tenía cuidado  de aquella parte y reverentemente la miraba y gozando con el pequeño parvulillo una palabra amorosa le brotaba: “Querido Bien mío, gozo mío”, que beatitud vivía; renovaba espiritualmente la santa comunión y luego, llena de vivísimos deseos de amarlo, de servirlo, de padecer por él y por él sólo dar la vida. Entonces… ¿te gustaría?  Procura hacer cuánto estas líneas te enseñan y llegarás también tú a tener cuanto aquí está escrito.
La observancia del horario en la comunidad, las Reglas, la meditación y el silencio. Cree, querida mía, son esos puntos  sobre los cuales está apoyada toda la fábrica del buen orden. Observados éstos con exactitud, puedes estar segura que todos los otros son observados.
Haz sentir en las conferencias el valor de la obediencia, que no podemos tener ningún bien si ésta nos falta, porque quien no obedece es señal que quiere hacer su voluntad, no la de Dios, único nuestro tesoro. La Religiosa que hace su voluntad es una sombra que pasea en el claustro sin pertenecer a él. […]
Quédate tranquila y animada que esta tu madre está siempre contigo y todas las mañanas dice en particular al Señor, que te haga santa y te dé el verdadero espíritu de las Santas Reglas. Valor, fuerte, que un día, si bien habremos combatido, llevaremos la gran decoración de honor sobre el pecho y juntas estaremos por una eternidad. Grande palabra es ésta, que peso un mundo entero. […]

                                                                       Afma. Madre Rosa

sábado, 11 de septiembre de 2010

CUMPLEAÑOS DE LA SANTISIMA VIRGEN MARIA

La Iglesia celebra ordinariamente el aniversario del paso al Cielo de los hombres. La fiesta que hoy celebramos es una de las pocas en las que quiere reconocer de modo público y solemne la llegada a la tierra de uno de sus hijos. La que iba a ser la Madre de Dios viene al mundo, con lo que se aproxima ya la plenitud de los tiempos, en palabras de san Pablo. El momento central de la historia, marcado por la llegada de Dios hecho hombre a la misma historia, es ya inminente, por cuanto la que sería su Madre ha nacido. Es de justicia, pues, alegrarse. Debemos celebrar una fiesta que ponga de manifiesto la alegría de los hombres, que reconocemos el gran don recibido.
Se trata, ante todo, del amor insondable de Dios por su criatura humana. No nos abandona a pesar de nuestros pecados, tan inmenso es su amor. Un amor, ciertamente divino, pero con manifestaciones de Hombre, de Mujer; así es un amor-cariño, un amor que podemos entender, aunque lo reconozcamos en manifestaciones sublimes, que se nos muestran como inalcanzables. Jesús y María nos han querido a los hombres y nos quieren a cada uno como nadie más puede hacerlo. Y es un cariño real, efectivo, cuyas gratas manifestaciones podemos llegar a notar todos, y las notaríamos más, desde luego, si tratáramos de ser todavía más consecuentes con nuestra fe.
Es un día, hoy, para ensalzar como nunca a nuestra Madre del Cielo. Con su Nacimiento –también, antes, con su Concepción Inmaculada– se concreta, por así decir, su realidad como la más dichosa de las criaturas, y su existencia en favor de la humanidad. ¡Ha nacido la Llena de Gracia! ¡Está entre nosotros la Bendita entre las mujeres!, recordamos hoy. Y nos alegramos, como lo hacemos en un cumpleaños, por haber conocido y por contar con la amistad o con la proximidad familiar y el afecto de quien celebra sus años. Porque María es Madre de todos los hombres, sin excepción; aunque, si nos reconocemos discípulos de su Hijo, somos capaces de valorar más todavía su maternidad.
Es difícil imaginarse la vida cristiana, camino de los hijos hacia la casa del Padre, sin una Madre que –sencillamente– nos quiera. Si los cristianos somos los hijos de Dios, hijos que –como quiere Jesús– deben permanecer siempre niños, parece muy conveniente que contemos también con una Madre para nuestra vida de relación con Él. En verdad os digo: si no os convertís y os hacéis como los niños, no entraréis en el Reino de los Cielos, nos advirtió el Señor. Muchas veces hemos considerado que la madurez y responsabilidad humanas no se oponen en absoluto a la infancia espiritual, imprescindible, según Cristo, para ganar el Reino de los Cielos. Siendo, pues, tan necesaria la infancia, no podemos vivir sin Madre.
Muy conscientes de nuestra condición y, por tanto, de la debilidad que padecemos como consecuencia del pecado, actuamos de ordinario en nuestro afán por ser santos como los niños, que cuentan en todo con la experiencia y la capacidad de sus padres. Y, como suele suceder en nuestras familias, los niños se apoyan sobre todo en la madre mientras son muy pequeños. Pues así, muy pequeños, debemos ser siempre ante Dios. La confianza que inspira una madre impulsa a apoyarse en su ayuda: en todo momento accesible y acogedora, aunque la conducta del pequeño no lo merezca. Así María, Madre nuestra, es otra manifestación del amor que Dios nos tiene, que desea que en ningún caso desconfiemos de su Gracia. Es lógico, pues, que nos alegramos, inmensamente agradecidos, por tener a María –Madre poderosa y de consuelo– para todas las necesidades del alma y también del cuerpo.
Le rendimos asimismo nuestro homenaje por ser la Llena de Gracia. Es otro modo de reconocer la omnipotencia y bondad divinas. Como recuerda con frecuencia en la Liturgia de la Iglesia, a propósito del culto que rendimos a los Bienaventurados, alabamos a Dios diciendo: manifiestas Tu gloria en la asamblea de los santos y al coronar sus méritos coronas tu propia Obra. Dios, en efecto, muestra de modo más espléndido su perfección y el amor a sus hijos, cuando en ellos resplandece la virtud y gloria que han logrado correspondiendo a su Gracia. Así, María, Llena de Gracia, al corresponder plenamente a Dios es, entre las criaturas, la imagen más excelsa de la divinidad, quien más gloria da a Dios.
En su fiesta de cumpleaños queremos hacerle, con amor, el regalo que nos aconsejaba san Josemaría cuando afirmaba que el amor a nuestra Madre será soplo que encienda en lumbre viva las brasas de virtudes que están ocultas en el rescoldo de tu tibieza. Que nada agrada tanto a una madre como ver a sus hijos mejores y felices.

viernes, 10 de septiembre de 2010

SANTA ANA Y SAN JOAQUIN

Se los considera los padres de la Santísima Virgen María. En verdad, lo poco que se conoce de ellos tiene un carácter legendario ya que proviene de un escrito apócrifo: el Protoevangelio de Santiago. Aunque la primitiva Iglesia cristiana, tuvo por muy valioso este documento apócrifo.
Ana era oriunda de Belén, hija de Matán y de Emerenciana. Se casa a los 24 años con un propietario rural (dedicado a los rebaños y lanas) de origen galileo llamado Joaquín con quien vivió en Nazaret. Ambos pertenecían a la tribu de Judá.
Se cuenta que, tras 20 años de matrimonio no habían tenido hijos y santa Ana ya era estéril por su avanzada edad, lo que la afligía sobremanera (debemos tener en cuenta que, los judíos creían que no tener hijos era una maldición). Joaquín ayuna 40 días en el desierto y un ángel le anuncia el nacimiento de su hija.
Llegado el tiempo llevan a María al templo de Jerusalén, para ser criada con las otras vírgenes y santas viudas que moraban en las habitaciones vecinas al templo. Allí se dedicarían a las labores, oraciones y demás servicios de Dios. Se cree que ese tiempo, Joaquín y Ana decidieron venir a vivir a Jerusalén, para poder visitar a la niña frecuentemente. Joaquín muere a los 80 años y Ana a los 79.