lunes, 4 de julio de 2011

SANT'ANNA NEL MONDO

IN BRETAGNA:   Il Santuario di S. Anna d'Auray  


di Sr. A. Natalina Sotgia


 "S. Anna d'Auray è il luogo sacro della Bretagna: la Cappella dei grandi miracoli; il santo Pellegrinaggio che esercita su tutti i Bretoni un'irresistibile forza d'attrazione" (Jules Janin) ."S. Anna in Bretagna è regina" (J. Buleon) .


"Dopo il seno della Vergine, santuario vivente del Dio fatto uomo, niente è più grande, più venerabile, più celestiale del seno della Beata Anna, santuario vivente dell'Immacolata" (Mons. de Segur) .


Le origini:  Keranna: umile, sconosciuto villaggio del territorio di Pluneret, presso Auray, Diocesi di Vannes, in Bretagna. Qui fioriva, fin dal VII secolo la devozione a S. Anna e vi si trovava una Cappella a lei dedicata, l'unica, sembra, in tutta la Gallia, se si eccettua quella di Gloriac, che fonti capetingie collocano alle porte di Rouen.


Di quella Cappella nel XVII secolo non restava più traccia e solo il nome di Keranna (Ker Anna) restava a testimoniare il passato, sebbene non si fosse estinta la devozione popolare alla Madre di Maria.


"Io sono Anna, la Madre di Maria": Umile e tacito fu l'inizio della vicenda, come quello di tutte le opere di Dio, e umile e ignoto fu lo strumento umano prescelto: Yves Nicolazic, analfabeta, capace di esprimersi unicamente nel dialetto bretone, ma dotato di così rara istintiva saggezza e di così sano buon senso che non solo nei casi difficili i vicini si rivolgevano a lui per consiglio, ma anche nelle liti il suo giudizio era richiesto e volentieri accettato da ambo le parti.


Nel 1623 aveva trentadue anni; sposato da dodici, non aveva avuto figli; con la moglie, Guillemette Le Roux, coltivava un terreno di proprietà di certo Signor Kelloguen.


Uomo di buone maniere, di solida onestà e di fervida fede, frequentava regolar-mente la Parrocchia e si comunicava ogni domenica; amava teneramente Maria Santissima, e lo si vedeva spesso, nel suo andare e tornare, con il rosario in mano; ma coltivava anche, fin dall'infanzia, una particolare devozione a S. Anna che chiamava abitualmente "la mia buona Protettrice". Era insomma, e tale era considerato, degno di stima, ma non al punto da supporre in lui la personalità di un "santo in fieri".


Una notte, mentre, come era sua abitudine egli recitava il rosario che definiva "il mezzo per intrattenermi in buoni pensieri nelle ore d'insonnia", vide improvvisa-mente la sua camera inondata da una luce che emanava da un cero o fiaccola accesa, retta da una mano che appariva isolata, come a sé stante. La luce durò quanto il tempo necessario per la recita di un Pater e di un'Ave e poi silenziosamente scomparve. Il buon senso contadino di Nicolazic, i nervi temprati dal duro lavoro dei campi, ma forse, più di tutto, la sensibilità religiosa affinata dalla consuetudine della preghiera, aiutano l'uomo a superare tacitamente l'emozione; tace, quindi, ma riflette, prega, intuendo forse un seguito di questa vicenda.


Dopo sei settimane, infatti, mentre si trova al consueto lavoro in un campo chiamato del Bocenno, rivede improvvisamente il cero, acceso e sollevato da terra, ma senza, questa volta, il supporto della mano. E tace ancora, sebbene ancora per diverse volte gli accada di vedere davanti a sé la fiaccola splendente.


Ma una sera    è l'estate del 1623 mentre, nel campo di Bocenno si trova presso la fonte dove ha condotto i buoi ad abbeverarsi ed è con lui il cognato Louis Le Roux, la visione luminosa prende forma nella maestosa figura di una Signora biancovestita, che porta in mano la fiaccola accesa. Tutto si svolge nel massimo silenzio: attoniti e commossi, i due uomini tacciono anche fra di loro.


Da quella sera la Signora si mostra spesso a Nicolazic; ora in casa, ora nel fienile, finché la sera del 25 luglio 1624, mentre egli torna dall'essersi confessato presso i Cappuccini d'Auray, si sente chiamare per nome e scorge la misteriosa figura che lo precede finché, prima di arrivare alla fattoria, scompare.


Questa volta ha sentito la voce! Ha sentito il proprio nome! Sconvolto, incapace di sedersi a tavola per la cena, si rifugia nel fienile e prega, con in mano il rosario. E il fienile è a un tratto inondato di luce e la Signora appare avvolta da uno splendido alone.


"Yves Nicolazic, non temere: io sono Anna, la Madre di Maria. Devi dire al tuo Rettore che nel territorio chiamato Bocenno, nel passato, quando ancora non vi era il villaggio di (Keranna) ci fu una Cappella dedicata al mio nome. Era la prima di tutto il paese. E caduta in rovina da novecentoventiquattro anni e sei mesi. Io desidero che sia ricostruita al più presto e che tu ne prenda cura. Dio vuole che io vi sia onorata".


E notte fonda; Nicolazic fremente di emozione ripete a lungo a se stesso le parole della Signora, deciso ad obbedire in tutto alla sua "buona Protettrice"


Al mattino, però, l'impegno gli appare irto di difficoltà e si sente sgomento. Gli riappare Anna: "Non temere e non angustiarti, Nicolazic; manifesta al tuo Rettore in confessione, ciò che hai visto e udito; non tardare ad obbedirmi. Parlane anche a qualche altro uomo dabbene per consigliarti su ciò che dovrai fare".


Rinfrancato, Nicolazic s'incammina verso la Parrocchia. Ma lungo la via risorgono i dubbi. Conosce bene il Rettore: Don Silvestro Roduez è pio, austero, ma rude, affatto disposto a prendere sul serio i racconti di misteriose apparizioni. E Nicolazic non s'inganna: sebbene il sacerdote abbia molta stima del suo devoto parrocchiano, accoglie in modo beffardo il suo racconto e gli intima severamente di non parlare ad alcuno di queste "stranezze".


Ma la notte seguente S. Anna riappare al suo scoraggiato messaggero e lo esorta: "Non preoccuparti di ciò che diranno gli uomini; fa' ciò che ti ho detto e conta su di me per il resto".


E Nicolazic torna dal Rettore: ma riesce soltanto ad irritarlo di più, mentre anche il Vicario, Don Le Tominec, si mostra incredulo. Trova fiducia soltanto nel cognato Le Roux, già testimone di un'apparizione, in un vicino di casa, certo Lezulit, in un sacerdote, Don Yves Richard, e nel Signor De Kermadio; tutti questi lo confortano, assicurando il loro appoggio.


E soprattutto lo incoraggia S. Anna con una nuova apparizione: "Consolati, Nicolazic, verrà presto l'ora in cui si avvererà ciò che ti ho detto; non affliggerti: io ti farò avere quanto è necessario per cominciare l'opera, e nulla mai ti mancherà per portarla a termine. Ti assicuro che se Dio sarà servito fedelmente ti fornirà con abbondanza il necessario non solo per portarla a termine ma anche per fare altre cose che faranno stupire tutto il mondo. Non temere, comincia al più presto".


 "Dio vuole che io sia onorata in questo luogo": Sono passati alcuni mesi da quella vigilia del 26 luglio 1624, data della prima apparizione di S. Anna. Il lunedì, 3 marzo 1625, un'ora dopo il tramonto, S. Anna appare a Nicolazic nel campo del Bocenno e lo esorta ad agire. Basta con gli indugi! Ma il poveretto esita ancora, e ad una nuova apparizione supplica la Santa: "Fate qualche miracolo, mia buona Protettrice, affinché tutti si convincano che siete voi che volete la Cappella".


"Va', - risponde S. Anna - abbi fiducia in Dio e in me. Di miracoli ne vedrai presto in abbondanza, e il concorso di popolo che verrà ad onorarmi in questo luogo sarà il più grande di tutti i miracoli".


  Cala la notte: solo nella sua camera, Nicolazic recita il rosario, invaso da un senso struggente di attesa, sospeso tra il desiderio e il timore. Ed ecco che la camera è invasa dalla luce mentre la solita fiaccola splende alta sul tavolo priva di ogni supporto. E subito appare anche la Santa che gli dice: "Yves Nicolazic, chiama i tuoi vicini e conducili con te là dove vi precederà questa luce; troverete un'immagine che dimostrerà al mondo che quanto ti ho detto è vero".


S. Anna scompare, ma la luce resta, più vivida che mai: a questa luce Nicolazic si riveste e quando è pronto vede la fiaccola muoversi davanti a lui. Ma la Santa gli ha detto di chiamare i vicini! Chiama il cognato Le Roux, che è ancora sveglio, e poi alcuni vicini: Jacques Lucas, Franwois Le Bleavec, Jean Tanguy, Juliel Lezulit: "Andiamo, amici miei, dove Dio e la Signora ci conducono!".


La fiaccola si muove davanti ad essi; alla distanza di circa quindici passi ed alta tre piedi da terra, prende la via che dal villaggio conduce alla fontana.


Giunta ai confini del Bocenno esce dalla strada e si inoltra nel campo; al di sopra del grano ancora in erba si dirige ad un determinato punto sul quale si ferma. I contadini stupefatti la vedono "elevarsi e ridiscendere per tre volte, come per attirare la loro attenzione su quel punto e poi sparire come sprofondata nel terreno". 


Nicolazic si precipita a segnare col piede il punto indicato dalla luce e invita il cognato a scavare in quel punto con la zappa di cui, uscendo di casa, si è munito. Dopo non più di sei colpi si avverte il rumore caratteristico del ferro che batte su un oggetto di legno. E buio: uno dei presenti corre a prendere dalla casa più vicina il cero benedetto della Candelora e un tizzone per accenderlo; alla sua luce, nel piccolo fosso scavato dalla zappa, si scorge qualcosa di scuro; e come si affrettano a sollevarlo appare una vecchia statua di legno, corrosa e sfigurata dal tempo e dalla umidità, ma pienamente riconoscibile dai dati essenziali: S. Anna!


Nessuno parla ma quasi tutti piangono; con delicato rispetto sollevano la statua per appoggiarla a un muretto vicino.


"...e non preoccuparti di ciò che diranno gli uomini...": Ora Nicolazic non dubita più: convincerà il Rettore. E accompagnato dall'amico Lezulit, testimone del ritrovamento, la mattina seguente si avvia al presbiterio.


Ma Monsignor Roduez è meno che mai disposto a credere, e non esita a chiamare il veggente ipocrita e impostore.


Afflitti ma non scoraggiati i due amici vanno ad informare del ritrovamento il Signor Kerloguen, proprietario del terreno, il quale, più malleabile del Rettore, assicura che metterà a disposizione per la costruzione della Cappella, il luogo del ritrovamento.


Vengono poi informati i Cappuccini di Auray i quali, però, come il Rettore, non si mostrano convinti. Tornando indietro Nicolazic e Lezulit, ripassano dal Bocenno e scoprono che la notizia si è già diffusa ed ha attirato sul luogo buon numero di persone; vi è tra gli altri quel Don Yves Richard già informato delle precedenti apparizioni, e due Cappuccini che vi si sono trovati per caso.


Il giorno dopo un avvenimento sconcertante potrebbe far credere che anche il Cielo è contro il povero Nicolazic: all'improvviso, senza causa apparente, gli si incendia il fienile e i soliti curiosi accorsi, più che prodigarsi a spegnere il fuoco, si ingolfano in discordanti interpretazioni del fatto: nuovo miracolo per alcuni, punizione celeste per altri. Ma prevale la tesi del miracolo quando si nota che le fiamme, pur avendo consumato le pietre di una parte del muro perimetrale, hanno lasciato intatti due mucchi di grano che non solo si trovavano vicinissimi al fuoco, ma collocati proprio nella direzione verso la quale spirava il vento. E una intuizione conforta Nicolazic: gli torna alla mente di aver sentito dire da bambino che suo padre, per costruire il fienile, aveva utilizzato del pietrame facente parte di un'antica costruzione in rovina.


Che si fosse trattato dei resti dell'antica Cappella dedicata a S. Anna? Che la Santa abbia ora voluto sottrarre ad uso profano ciò che un tempo era stato consacrato alla sua venerazione? Per Nicolazic è un nuovo motivo di fiducia e di speranza.


Ma la fama delle folle che sempre più numerose si recano a vedere la statua ritrovata arriva a Pluneret, sede dell'incredulo Rettore. Il quale, in preda ad ira violenta, manda sul posto il suo Vicario, disposto non meno del suo Superiore a porre fine a quella che considera una commedia superstiziosa. Piomba quindi diritto sulla statua che era stata collocata in posizione più elevata, e la ributta nel fosso dal quale era stata tratta; rovescia poi lo sgabello sul quale è posato un piatto di stagno, destinato a raccogliere le offerte per la futura Cappella e manda anche questo per aria. E con aspri rimproveri a tutti, particolarmente a Nicolazic, che considera il principale responsabile del "disordine" si allontana pronunziando minacce. Ma il giorno seguente il numero dei pellegrini è raddoppiato...


"...verrà l'ora in cui si avvererà ciò che ti ho detto...": Si rende ormai necessario l'intervento dell'autorità episcopale. Il Vescovo che ha sede a Vannes, fa chiamare Nicolazic e lo interroga severamente; Nicolazic risponde servendosi, come interprete, del fratello Pietro, poiché egli non parla e non capisce che il dialetto locale. Sono presenti alcuni Padri Cappuccini.


Il veggente racconta con la massima semplicità ciò che ha visto e sentito fin dalla prima apparizione della luce e poi della Santa, ma il Prelato, non del tutto convinto, ordina ai Cappuccini di trattenere presso di loro per qualche giorno Nicolazic  e di interrogarlo ancora più minuziosamente.


Ascoltato singolarmente da ciascuno dei Padri, egli viene rimandato a casa con dine di ripresentarsi dopo quindici gi Nicolazic puntuale ritorna e risponde stesse domande con la stessa umile semplicità, senza lasciarsi impressionare dagli argomenti negativi che gli vengono opposti. Convinti ormai della sua buona fede, i Padri si sentono in dovere di comunicare al Vescovo il loro giudizio positivo. Il Prelato chiede ora ai Cappuccini un sopralluogo sul terreno del ritrovamento ed una nuova relazione. Ma a sgombrare i prudenti dubbi degli uomini interviene la Provvidenza: tre settimane dopo la scoperta della statua il Rettore Don Silvestro è colpito da paralisi; alle braccia, soprattutto, è colto da dolori insopportabili e non vi è rimedio capace di dargli qualche sollievo. Un amico gli consiglia di ricorrere a S. Anna; non convinto, ma costretto dalla sofferenza, il malato, di notte e per vie poco frequentate, perché nessuno lo veda, si fa trasportare al Bocenno per nove volte consecutive; alla nona, preso da un impulso improvviso, chiede che lo gettino nella fontana; una volta nell'acqua si sente del tutto guarito e non esita a gettarsi in ginocchio davanti alla statua. S. Anna ha mantenuto la sua promessa e Don Silvestro è guarito non solo fisicamente: trasformato ormai intimamente nel più convinto sostenitore della causa, si adopera perché non si tardi più a costruire la Cappella e non tralascia di compiere un pubblico gesto riparatore nei riguardi di Nicolazic al quale non solo torna ad essere amico e protettore, ma due anni più tardi, quando il Veggente avrà finalmente la gioia di divenire padre, reclamerà l'onore di essere padrino del neonato; dopo il quale S. Anna manderà un secondo figlio al suo fedele messaggero.


Sul luogo del ritrovamento fioriscono intanto i prodigi. "Tutti i tesori del cielo sono nelle mie mani", aveva detto S. Anna. E ne dà prova: guarigioni subitanee, conversioni, soluzione di problemi ritenuti inestricabilì, prodigiosi salvataggi da spaventosi naufragi. E, delicato particolare, le grazie più frequenti e numerose, sono a favore dei bambini; segno della tenerezza di una Santa che è mamma e nonna.


Tali avvenimenti influiscono definitivamente sulla volontà del Vescovo che finalmente dà il permesso che si dia inizio alla costruzione della Cappella richiesta da S. Anna.


 "Desidero che la Cappella sia ricostruita": S. Anna aveva affidato a Nicolazic una duplice missione: comunicare il suo messaggio, e fare in modo che sul luogo dell'antica Cappella ne fosse costruita una nuova, aggiungendo: "Sei tu che devi prenderne cura".


E Nicolazic sarà effettivamente il tesoriere dell'impresa e, almeno per un primo periodo, il direttore dei lavori. Si occupa attivamente della raccolta delle offerte e poiché la sogna "grande come una cattedrale" segue attentamente i progetti dell'architetto insistendo perché l'edificio sia quanto più grande è possibile. E con intuito geniale crea una specie di catena di servizio promuovendo, con turni ben congegnati, la prestazione gratuita dei fedeli delle Parrocchie limitrofe a ciascuno dei quali assegna il ruolo e provvede il nutrimento nel tempo in cui presta servizio. Sorge così prima e meglio dell'edificio di pietra del quale si cominciano a scorgere le linee essenziali, per tutta la Bretagna, un nuovo e più prezioso edificio fatto di amore, devozione e fraternità; i Bretoni accorrono sempre più da lontano e cominciano ad acclamare S. Anna loro signora e regina con una venerazione che cresce di giorno in giorno.


Quando la costruzione è a buon punto il Vescovo stima necessario trovare una comunità permanente che se ne prenda cura; e chiama i Carmelitani, che arrivano a Keranna 1'8 febbraio 1628. Nicolazic, sempre umile e sottomesso, rimane a loro disposizione per quanto può essere utile per il compimento dei lavori.


Quando poi si rende conto che la sua presenza a Keranna non è più necessaria si ritira nella sua casa e riprende la sua vita laboriosa nei campi, impegnandosi anche seriamente per l'educazione dei suoi giovani figli, il maggiore dei quali diventerà sacerdote.


Ma a Keranna gli è riservata una camera nel monastero che sorge accanto alla Cappella, e Nicolazic, che vi ritorna spesso, esulta ogni volta constatando come le promesse della sua "buona protettrice" si realizzino al di là di ogni speranza: "Il concorso di popolo che verrà ad onorarmi in questo luogo sarà il più grande di tutti i miracoli".


Ma a poco più di cinquanta anni Nicolazic si ammala gravemente; i Carmelitani lo fanno trasportare nella loro infermeria. E quando le cure risultano inutili e i medici dicono imminente il pericolo, al malato viene amministrato il Viatico che egli riceve con vero trasporto di gioia, restando a lungo con un'espressione estatica sul volto e lo sguardo fisso in un punto.


"Cosa guardi così?" gli chiede a un tratto il confessore. "Vedo la S. Vergine e S. Anna, la mia buona protettrice", risponde semplicemente Nicolazic. L'accorto religioso, volendo allora che dell'arcana avventura del morente resti una testimonianza ed un messaggio, gli presenta una immagine di S. Anna e gli domanda:


"E vero che la statua di S. Anna tu l'hai trovata miracolosamente?" "Si, risponde il morente senza esitare". "E ti fidi sempre di S. Anna? Sei felice di morire ai suoi piedi?" "Si, io confido in S. Anna, bacio la sua immagine; S. Anna, mia buona Protettrice, accompagnatemi voi fino a Dio". "Ebbene, è arrivata l'ora; bacia la santa immagine".


Nicolazic la bacia con rispettosa tenerezza, e spira poco dopo alla presenza di tutta la comunità edificata e commossa. E il 13 maggio 1645.


Come si è visto, ogni evento che si svolge ad Auray è caratterizzato dalla presenza di due elementi: luce ed acqua. Di sola luce è fatta la prima apparizione: la luce che emana da una fiaccola accesa inonda la camera di Nicolazic. E, vestita di luce, "rivolta verso la fontana, con in mano una fiaccola accesa" gli appare la prima volta S. Anna. E ogni volta che apparirà sarà avvolta da un alone splendente che illumina ogni cosa attorno.


Una luce illumina la via che conduce al ritrovamento della stata' e l'antica statua dimenticata rimase per secoli e secoli accanto ad una fonte d'acqua viva.


Luce, acqua: elementi naturali determinanti per la vita dell'uomo; segni sacra-mentali che lo introducono nella vita della Grazia. Nel nome di S. Anna, Madre di Maria, Madre a sua volta di Colui che si è proclamato "luce del mondo", la fontana d'Auray dispensa acqua prodigiosa ai malati del corpo e la luce issata sulla sommità  del Tempio eretto in suo onore è invito, richiamo, segno di speranza inestinguibile sul cammino degli uomini.


Limpida come acqua pura, serena come placida lampada fu la vita di Nicolazic, pur nel travaglio della sua missione di "messaggero di S. Anna". Gloriosa, ma travagliata e drammatica fu la storia del Santuario a Lei dedicato. Ma né furia di increduli né superbia di potenti poté averne ragione. Ed è una storia bella da raccontare.

Nota: Tutte le notizie fin qui riportate sono state ricavate dalla Rivista Sainte Anne d'Auray" del febbraio 1974, redatte da A. MORIO, Rettore della Basilica omonima, e da A. GAUTIER. 

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